mercoledì 16 giugno 2010

Le condizioni per il rilancio del processo costituente in Europa

Anticipazione dal volume collettivo "Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo", Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini (a cura di), ombre corte, Verona, maggio 2010.

Le condizioni per il rilancio del processo costituente in Europa

di Monica Frassoni*

Il 1° dicembre 2009, giorno dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ci sono stati pochi festeggiamenti. Anzi, diciamo pure che la data é passata nella relativa indifferenza della maggior parte dell’opinione pubblica e del mondo politico europei.

Ed è forse normale, se si considera che il processo di riforma è iniziato come risposta al fallimento della Conferenza intergovernativa del 2000, pensata per preparare l’ampliamento dell’Ue e sfociata in un tempestoso Consiglio europeo a Nizza, durante il quale si sono verificati violenti scontri di piazza con i primi black blocks, che hanno vanificato lo sforzo di portare in piazza migliaia di persone da tutta Europa; ha avuto il suo momento di gloria nel lavoro della Convenzione europea nel 2003; è poi inciampato nei referendum olandese e francese nel 2005 per essere rimesso in pista dalla Cancelliera Merkel e dal Presidente Sarkozy nel 2007, nella veste rivista e corretta del Trattato di Lisbona, senza più preambolo né bandiera né inno; è ri-inciampato nel referendum in Irlanda nel 2008 e si è concluso dopo un altro referendum in Irlanda e dopo il definitivo superamento del boicottaggio di Vaclav Klaus (Presidente della Repubblica Ceca) nel 2009.

Un percorso molto accidentato per un risultato davvero poco appassionante, lontano dal sogno possibile di una Costituzione per l’Europa che fosse breve, con una chiara definizione di funzioni, poteri, quadro istituzionale, corredata da una Carta dei Diritti fondamentali direttamente dalla Corte di Giustizia europea. Anche se il Trattato di Lisbona rappresenta un passo avanti rispetto al Trattato di Nizza non c’è alcun dubbio che la sua entrata in vigore avviene in un periodo storico nel quale la ri-nazionalizzazione delle politiche europee e il sostanziale indebolimento dei poteri delle istituzioni integrate, Commissione, Corte di Giustizia e Parlamento, sono già una realtà. Una realtà tanto più dura da accettare quanto più necessaria sarebbe la presenza sullo scacchiere internazionale di un’Unione europea coesa e dotata di meccanismi di decisione veloci, trasparenti, democratici in settori così cruciali come la politica estera e di sicurezza, la politica di sviluppo, quella di immigrazione e di lotta ai cambiamenti climatici, a favore della riconversione ecologica del sistema economico e sociale. Il fallimento del vertice sul clima a Copenhagen (dicembre 2009) è solo l’ultima dimostrazione di come alla gesticolazione velleitaria di leaders che ancora si illudono di avere un potere che non hanno più corrisponda la realtà di una profonda divisione – e quindi marginalità – degli europei su sfide globali decisive per la nostra stessa sopravvivenza.

Continua in Europa 2.0

MONICA FRASSONI, Presidente del Partito verde europeo. Ha iniziato l’attività politica nel Movimento Federalista Europeo – già presidente della Jef – e ha proseguito nel Gruppo dei Verdi al Parlamento europeo. Diventa eurodeputata nel 1999 con i verdi francofoni belgi Ecolo, prima italiana eletta all’estero. Rieletta nel 2004 per i Verdi italiani. Fino al 2009 è stata co-presidente del Gruppo parlamentare dei Verdi. Siti: www.monicafrassoni.eu; www.europeangreens.org.

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